Miopia: come prevenirla e curarla


Questo difetto refrattivo è in rapido aumento tra bambini e adolescenti per colpa degli stili di vita sempre più sedentari e del poco tempo trascorso all’aperto. Oltre alla genetica, anche l’ambiente gioca un ruolo chiave. Riconoscere i primi segnali è fondamentale per intervenire presto con soluzioni innovative che possono rallentarne la progressione.

“Dottore, mio figlio non vede bene alla lavagna. Potrebbe essere miope?”. È una domanda che i medici oculisti si sentono rivolgere sempre più spesso. La miopia, infatti, è uno dei disturbi visivi in maggiore crescita a livello globale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un vero e proprio allarme: entro il 2050, una persona su due potrebbe esserne affetta. Ma di cosa parliamo esattamente? E, soprattutto, cosa possiamo fare per prevenire o rallentare la progressione di questo difetto refrattivo nei bambini e negli adolescenti?

Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Laura Sciandra, oftalmologia pediatrica della Clinica Fornaca di Sessant di Torino.

Che cos’è la miopia?

La miopia è un difetto della vista che impedisce di mettere a fuoco gli oggetti lontani. Quella che colpisce i bambini prende il nome di miopia assile ed è legata a un’eccessiva crescita antero-posteriore del bulbo oculare: in pratica, l’occhio si allunga più del normale durante lo sviluppo e le immagini si formano davanti alla retina, anziché direttamente su di essa. Il risultato? La visione da lontano diventa progressivamente sfocata.

Negli ultimi decenni, la diffusione della miopia è cresciuta a ritmi impressionanti: oggi colpisce circa il 30% della popolazione mondiale, ma si stima che entro 25 anni salirà al 50%. I motivi sono in gran parte riconducibili agli stili di vita moderni: troppa permanenza al chiuso, poco tempo all’aperto, abuso di dispositivi elettronici e sedentarietà.

L’essere umano è nato per muoversi, cacciare, raccogliere frutti dagli alberi e scrutare l’orizzonte per orientarsi o prevedere il tempo. Per i nostri avi, vedere bene da lontano era una capacità fondamentale per la sopravvivenza. Tuttavia, con la vita moderna sempre più sedentaria e le attività quotidiane concentrate su compiti che richiedono una visione ravvicinata, queste esigenze si sono trasformate. Oggi la visione da vicino è diventata predominante e indispensabile, contribuendo così a un cambiamento nelle abitudini visive e, spesso, allo sviluppo della miopia.

Quali sono i campanelli d’allarme?

Anche se i sintomi della miopia possono variare molto da persona a persona – c’è chi si accorge subito di piccoli problemi visivi e chi, invece, riesce a convivere a lungo con difficoltà più evidenti – spesso ci si rende conto del disturbo nelle situazioni quotidiane: gli studenti iniziano a non distinguere chiaramente cosa c’è scritto alla lavagna, chi guida fatica a leggere i cartelli in lontananza e chi passa molto tempo in casa potrebbe notare che non riesce più a leggere le didascalie in TV. Per compensare, si tende istintivamente a socchiudere gli occhi nel tentativo di rendere l’immagine più nitida. Non a caso, il termine “miopia” deriva dal greco myops, che significa proprio “chiudere gli occhi”. Come accade per tutti i difetti della vista, la conferma arriva con una visita oculistica, durante la quale specifici esami permettono allo specialista di individuare il problema e valutarne l’entità.

Quali sono i rischi della miopia elevata?

Soprattutto quando raggiunge livelli severi, la miopia non è un semplice difetto visivo da correggere con un paio di occhiali, in quanto può aumentare anche il rischio di gravi patologie oculari come il glaucoma, le degenerazioni retiniche e il distacco di retina. Inoltre, maggiore è la miopia, più è difficile correggerla con la chirurgia refrattiva da adulti. Per questo motivo, è fondamentale intervenire precocemente, sin dall’infanzia, con strategie mirate.

Le buone abitudini quotidiane

La genetica gioca un ruolo importante: i figli di genitori miopi hanno maggiore probabilità di sviluppare a loro volta la miopia. Ma c’è una buona notizia. L’ambiente e le abitudini quotidiane possono fare una grande differenza:

  • esporsi alla luce naturale almeno due ore al giorno è uno dei consigli più importanti. Numerosi studi hanno dimostrato che il tempo trascorso all’aria aperta, anche solo per giocare o fare una passeggiata, aiuta a ridurre l’incidenza della miopia;
  • limitare l’uso di tablet, smartphone e videogiochi, soprattutto nei primi anni di vita. È raccomandato evitare del tutto l’uso di dispositivi elettronici prima dei 6 anni;
  • seguire un’alimentazione sana e tenere una corretta postura: frutta, verdura a foglia verde, legumi e cereali integrali sono alleati della salute oculare, così come è importante mantenere una distanza corretta (40-50 cm) quando si legge, si studia o si lavora da vicino.

In aiuto le nuove soluzioni

Nonostante tutte le attenzioni, può capitare che la miopia progredisca comunque. In questi casi, è fondamentale rivolgersi a uno specialista in Oftalmologia pediatrica, che oggi può contare su strumenti innovativi e scientificamente validati.

Una delle soluzioni più efficaci è rappresentata dalle lenti a defocus periferico, una tecnologia ottica innovativa progettata per rallentare l’allungamento del bulbo oculare. Frutto di studi avanzati, queste lenti sono disponibili in Italia da circa quattro anni, ma trovano già largo impiego in paesi come gli Stati Uniti e diverse nazioni asiatiche, dove la diffusione della miopia ha assunto proporzioni epidemiche, soprattutto tra i giovani.

Il principio su cui si basano è quello di creare, nella parte periferica della retina, una lieve sfocatura che simula una condizione di ipermetropia (la difficoltà nella messa a fuoco da vicino). Questo stimolo periferico sembra essere in grado di “frenare” la crescita del bulbo oculare, contribuendo così a rallentare la progressione del difetto visivo. Per essere efficaci, queste lenti devono essere indossate quotidianamente per almeno otto ore, preferibilmente durante le attività diurne.

Ne esistono diverse marche, ma solo alcune di esse sono affidabili e testate. Queste ultime hanno dimostrato una reale efficacia nel rallentare la progressione miopica. Per questo motivo, è importante che la scelta venga fatta insieme all’oculista e con il supporto di un ottico competente, in grado di guidare verso il modello più adatto.

Collirio all’atropina: una terapia antica

In alcuni casi, il medico può affiancare all’uso delle lenti anche l’utilizzo di un farmaco antichissimo come l’atropina. Somministrato ogni sera per un anno a dosaggio centesimale, cioè pari a un centesimo della dose che normalmente viene usata in oculistica per dilatare la pupilla, sembra ridurre l’evoluzione del difetto nel 65% dei bambini. Si tratta però di una terapia da valutare con attenzione: al momento non esiste sul mercato un collirio già pronto a base di atropina diluita, ma va preparato galenicamente, sempre su prescrizione dello specialista.

Quando serve la chirurgia?

L’intervento chirurgico rappresenta l’ultima opzione nel percorso di correzione della miopia. Le moderne tecniche di chirurgia refrattiva permettono di agire con grande precisione sulla curvatura della cornea, grazie all’impiego del laser ad eccimeri o, in alternativa, mediante l’impianto di lenti intraoculari posizionate sopra il cristallino naturale. Si tratta di trattamenti efficaci, sicuri e personalizzabili, con un decorso post-operatorio generalmente rapido e ben tollerato.

La chirurgia refrattiva può essere presa in considerazione a partire dai 22 anni, quando solitamente il difetto visivo si è stabilizzato.

Negli adulti, invece, la decisione di procedere chirurgicamente spetta all’oculista, che valuta attentamente la fattibilità del trattamento. L’intervento con laser ad eccimeri comporta un’ablazione controllata di tessuto nella porzione centrale della cornea, modificandone la curvatura per migliorare la messa a fuoco. È quindi fondamentale analizzare la qualità del tessuto corneale attraverso esami diagnostici mirati come la topografia, che ne studia la regolarità, e la pachimetria, che ne misura lo spessore.

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